8 Malattie spirituali da riconoscere ed evitare

Quante volte ci siamo sentiti sopraffatti dalle sfide della vita e abbiamo cercato conforto nella spiritualità, nella meditazione o nella preghiera? Sebbene queste pratiche possano essere molto utili per trovare pace e calmare la mente, c’è un rischio grande da non sottovalutare…

Ovvero: il rischio che queste pratiche diventino un modo per sfuggire alle nostre emozioni e alle nostre responsabilità.

Questo fenomeno, noto anche come “bypass spirituale”, può essere pericoloso perché ci impedisce di affrontare le cause profonde dei nostri problemi e di trovare soluzioni sostenibili e durature. La spiritualità diventa così una sorta di fuga dalla realtà, invece che un modo efficiente per affrontare le difficoltà della vita.

Se non sai cos’è il bypassing spirituale, da dove ha origine e quali sono i suoi effetti negativi, allora ti suggerisco di leggere innanzitutto questo articolo che ho precedentemente scritto: Il bypass spirituale: cos’è e come evitarlo” 

In questo articolo andremo ad approfondire altre modalità sottili – che io chiamo “malattie spirituali” – con il quale questo fenomeno si presenta (il più delle volte a nostra insaputa) così come i relativi antidoti da poter applicare fin da subito per poter uscire da quelle dinamiche.

Prima di iniziare, voglio anticiparti una cosa importante: se ti riconosci in una delle “malattie” che descriverò qui sotto… non preoccuparti! Ci siamo cascati tutti prima o poi ed è una tappa assolutamente normale (direi fondamentale) da attraversare nel proprio percorso spirituale.

Il problema arriva quando ignoriamo queste dinamiche e di conseguenza non riusciamo a riconoscerle, credendo così di essere “sulla strada giusta”, senza metterci in discussione. 

Oppure, quando rifiutiamo di analizzarci dentro perché il nostro Ego è troppo debole per ammettere che stiamo sbagliando e che non siamo perfetti.

Se sei qui a leggere quindi, ti faccio i miei complimenti: significa che sei un lettore coraggioso che ha voglia di analizzarsi e di mettersi in discussione. 

Due elementi che reputo essenziali in un percorso di crescita spirituale infatti sono:

  1. Una continua auto-analisi su di sé
  2. L’allenamento alla presenza


Questi fattori in ultimo possono aiutarci a renderci conto, in modo molto umile e onesto,
di dove siamo e su cosa dobbiamo ancora lavorare. 

Fatta questa premessa, non mi resta altro che iniziare!

Malattia #1 La spiritualità fast food


Una malattia spirituale molto diffusa nella nostra società è la cosiddetta “
spiritualità fast food”. Le persone che “soffrono” di questa malattia spesso sono note per acquistare incensi, lampade di sale, oggetti indiani o sudamericani e altri elementi simbolici provenienti da altre culture, ma senza che ci sia un cambio significativo nelle loro vite. 

La spiritualità fast food può sembrare seducente perché offre una sensazione di pace e di calma. Tuttavia, questo approccio superficiale alla spiritualità può impedire alle persone di affrontare in modo adeguato le sfide della vita e di trovare soluzioni durature ai loro problemi. 

Spesso, la spiritualità fast food ha a che fare con la pigrizia: le persone non hanno voglia di andare in profondità, non hanno interesse a comprendere l’origine degli elementi spirituali che utilizzano, vogliono una soluzione veloce. Tutto questo per ottenere una gratificazione istantanea. La spiritualità diventa così un abbellimento, un’aggiunta alla propria vita senza di fatto cambiare nulla.

L’Antidoto:

Se ti riconosci in questa dinamica, innanzitutto non è scontato che tu soffra di questa malattia. Io stessa ho la casa circondata da elementi spirituali come statue di Buddha, incensi e via dicendo, ma non per questo significa che non sia consapevole di quello che sto facendo. 

Le due domande fondamentali da porti per comprendere se sei vittima di questa malattia è: 

  1. Sono consapevole degli oggetti che sto comprando? Qual è il loro significato, da dove provengono? 
  2. Sto facendo REALMENTE per migliorare la mia vita (oltre a riempire la mia casa di oggetti)? 


Se hai risposto “no” ad almeno una delle due domande, allora hai individuato una tua malattia spirituale. Niente paura, come dicevo all’inizio di questo post!

Ecco qui l’antodoto che ti serve, suddiviso per punti:

  • Inizia ad informarti sugli oggetti che hai comprato, aumentando la tua consapevolezza nei confronti di questi simboli. 
  • Chiediti da quale difficoltà stai sfuggendo e che stai cercando di reprimere, con l’abbellimento nei tuoi spazzi di oggetti di cui sai poco o nulla a riguardo.
  • Siediti con le EMOZIONI che emergono dalla risposta che hai tirato fuori. Non cercare di scappare. Le emozioni contengono sempre un messaggio che ci riguarda. Osservale come uno spettatore esterno. 
  • Una volta compreso il messaggio, valuta se chiedere aiuto ad un professionista qualificato che possa aiutarti a risolvere la difficoltà che stai vivendo. 

Malattia #2 La falsa spiritualità 


Questa malattia è molto diffusa e legata alla prima, sottende un’idea di originalità, che però non esiste perché si tratta semplicemente di etichette.

La falsa spiritualità si basa sull’adozione di comportamenti e pratiche che si crede siano tipici di una persona spirituale, senza avere una vera comprensione o connessione con il significato o lo scopo di tali pratiche. Spesso, questa malattia spirituale è motivata da un desiderio di apparire spirituali agli occhi degli altri, piuttosto che da una vera ricerca interiore o una connessione con qualcosa di più grande di noi.

Una frase che tengo sempre a mente del mio maestro di yoga è questa: “nella tua vita di tutti i giorni, non hai bisogno di vestirti e apparire sempre come un insegnante di yoga.” Questo mi ricorda che ciò che conta davvero non è l’apparenza ma la sostanza. 

Se mi impegno infatti riesco a notare chi insegna veramente yoga e chi no, non sulla base del suo abbigliamento ma da come si pone nei confronti degli altri e delle situazioni circostanti. 

La falsa spiritualità può anche essere il risultato di una superficiale comprensione o interpretazione delle pratiche spirituali, senza il necessario sforzo per approfondire e comprendere veramente il loro significato e scopo. 

Inoltre, può essere il risultato di una mancanza di autenticità e sincerità nella propria pratica spirituale, per cercare di adeguarsi a ciò che si ritiene sia “giusto” o “accettabile” invece di essere veramente connessi con se stessi e il proprio cammino spirituale.

La falsa spiritualità può anche essere pericolosa, poiché può impedire a una persona di fare un vero lavoro interiore o di avere una vera connessione con il proprio spirito, bloccando così la vera crescita spirituale. Inoltre, può portare a una mancanza di autenticità e di connessione con gli altri, poiché si basa su una finzione e sull’apparenza piuttosto che sulla vera connessione e il vero essere.

L’Antidoto:

Se ti suona familiare questa dinamica, inizia con un elenco di tutto ciò che fai e che reputi spirituale. Ad esempio: meditare al mattino, indossare una mala al collo come ornamento prima di uscire, tenere sempre con sé una pietra particolare, fare rituali di luna nuova/piena, fare yoga ecc. 

E poi chiediti:

  • Perché sto facendo quello che sto facendo (yoga, meditazione, qualsiasi altra pratica o comportamento che risulta per te essere “spirituale”)?


Chiederci il perché di una determinata azione ci riconette alla motivazione originaria. Un perché di solito non basta. Per scavare più a fondo, ti consiglio di utilizzare la tecnica dei 5 perché: ovvero, ogni volta che trovi una risposta, chiediti perché di nuovo, per 5 volte. 

Sii assolutamente sincero e onesto con te stesso. 

Ricorda: nessuno ti sta giudicando. Questo lavoro ti serve per riportarti alla realtà dei fatti e crescere nel tuo percorso spirituale. 

Malattia #3 Sentirsi i “prescelti” 


Ti sei mai chiesto perché hai iniziato ad intraprendere il tuo percorso spirituale?
Spesso, motivazioni confuse possono essere un segno di una malattia spirituale, poiché potrebbero indicare una mancanza di comprensione o di autenticità nella propria ricerca. 

Le motivazioni da cui stare alla larga, come il bisogno di approvazione o di riconoscimento (non ottenuto nella vita quotidiana di tutti i giorni), possono infatti fornire una fuga dalla realtà e impedire a una persona di fare un vero lavoro interiore e di connettersi veramente con il proprio spirito.

La ricerca di riconoscimento e approvazione nel percorso spirituale è inoltre strettamente collegata all’idea di falsa spiritualità e di spiritualità fast food accennate precedente. 

Quando ci si sente eccezionali, “prescelti”, ci si atteggia da persona spirituale e si fa di tutto pur di apparire in quel modo, riempiendosi di cose che ci facciano sentire ancor più spirituali. 

L’Antidoto:

Rispondi sinceramente a queste domande:

  • perché ho iniziato ad intraprendere un percorso spirituale
  • come mi sento in relazione al mio posto nel mondo? Mi sento considerato? Visto? Sento di avere realizzato qualcosa nella mia vita?


È importante essere onesti con se stessi e cercare di comprendere le proprie motivazioni per intraprendere un percorso spirituale, poiché questo può aiutare a individuare eventuali carenze psicologiche o emotive che potrebbero richiedere l’aiuto di un professionista.

Malattia #4 Ricercare “lo sballo” nelle esperienze spirituali


La malattia di cui parlo in questo paragrafo consiste nell’
identificarsi con l’esperienza spirituale stessa. Ovvero, considerare la propria vita spirituale come una serie di momenti di “sballo” o di stati non ordinari di coscienza. 

Questa è una malattia perché significa che la persona sta cercando di sfuggire alla realtà e di anestetizzarsi con esperienze estatiche invece di affrontare le sfide e le difficoltà della vita quotidiana.

Inoltre, questa malattia può portare a una dipendenza dalle esperienze spirituali e a una ricerca ossessiva di stati di trans o di sballo, trascurando il vero percorso spirituale che comprende anche i momenti di oscurità e di difficoltà. 

Altra cosa non meno importante, questa spasmodica ricerca di stati non ordinari di coscienza potrebbe portare a una scarsa attenzione alle basi della pratica spirituale, come la meditazione, l’ascolto della saggezza degli insegnamenti e il servizio agli altri.

In sintesi, identificarsi con l’esperienza spirituale può essere una malattia se si trascura il vero scopo della pratica spirituale, che è quello di crescere e svilupparsi come individui, e di trovare pace e felicità nella vita di ogni giorno.

L’Antidoto:

Se questa dinamica ti risulta familiare, rispondi sinceramente a queste domande:

  • Ricerco continuamente stati non ordinari di coscienza nella mia pratica spirituale?
  • Se sì, per quale motivo? 


Una volta fatto chiarezza su questo, ti invito a
distoglierti per un periodo dalle tue pratiche e provarne altre più semplici che non provocano nessun tipo di alterazione della coscienza. Una più di tutte che mi sento di consigliarti è la Mindfulness. Per quanto noiosa possa sembrare, la pratica di Mindfulness è un ottimo modo per restare radicati nel nostro corpo e per comprendere il funzionamento della nostra mente (al fine di non esserne ingannati). 

Un’altra pratica che ti consiglio è la gratitudine. Spesso si cerca di uscire dalla realtà perché non si riesce a trovare gratificazione nel momento presente. La vita di tutti i giorni è percepita come troppo noiosa, ed è qui che si innesta il problema.

Il vero cammino spirituale ci aiuta infatti ad essere più presenti nella nostra vita, a cogliere la meraviglia nel nostro quotidiano e a non avere bisogno di scappatoie. Coltivando la gratitudine giorno dopo giorno, potrai spostare il focus su quello che hai, al posto di quello che non hai e che cerchi inutilmente di trovare in stati alterati di coscienza. 

Malattia #5 Avere un Ego spiritualizzato


L’ego spiritualizzato consiste nel
sentirsi già arrivati e illuminati, e questo atteggiamento può portare a una sorta di superbia spirituale, in cui la persona si sente superiore agli altri e non ha bisogno di imparare o di crescere ulteriormente. 

Tuttavia, questo atteggiamento può anche creare distacco dalle altre persone e alimentare dinamiche disfunzionali, come il desiderio di essere al centro dell’attenzione o il bisogno di essere sempre il migliore.

Inoltre, l’ego spiritualizzato può impedire alla persona di vedere le proprie imperfezioni e di affrontare i propri problemi in modo sano e costruttivo. In sintesi, l’ego spiritualizzato può essere un ostacolo per la crescita spirituale e può creare distacco e dinamiche disfunzionali. 

L’Antidoto:

Prova a chiederti:

  • Mi considero già arrivato nel mio percorso spirituale?
  • Come mi rapporto con gli altri? Sento spesso l’esigenza di sentirmi o dimostrarmi migliore di qualcun altro? 
  • Quanto giudico gli altri?

     

Se, fatta questa analisi, ritieni di avere la malattia dell’”Ego spiritualizzato”, può essere molto utile cercare il supporto di un professionista, come un terapista o un consulente spirituale, che possa aiutare a individuare le proprie dinamiche disfunzionali e a trovare modi sani e costruttivi per affrontarle.

Malattia #6 La collezione di diplomi


Questa malattia ha origine da un fenomeno che nella nostra società sta avvenendo sempre più frequentemente, ovvero: l
a produzione di massa di insegnanti spirituali.

Si è alla costante ricerca di corsi accelerati o certificazioni per diventare insegnanti spirituali, senza comprendere che la vera spiritualità richiede un lungo percorso di crescita personale e di pratica.

Questo fenomeno infatti è il risultato di un’errata percezione della spiritualità, che viene utilizzata per ottenere prestigio o una posizione di rilievo.

La spiritualità viene quindi ridotta a un prodotto commerciale e a una serie di tecniche che possono essere imparate e insegnate in pochi giorni o settimane. Tuttavia, la vera spiritualità non può essere insegnata in modo superficiale o accelerato, ma richiede un lungo percorso di crescita personale e di pratica, che può includere anni di meditazione, studio dei testi sacri e servizio agli altri.

Questa produzione di massa può inoltre portare a una scarsa qualità degli insegnamenti e a una mancanza di integrità da parte di coloro che si presentano come insegnanti spirituali.

La vera spiritualità in realtà non può essere comprata o insegnata in modo superficiale, ma richiede dedizione, pratica e un vero desiderio di crescita personale.

L’Antidoto:

Se ti suona familiare questa dinamica, prova a chiederti:

  • Sono in costante ricerca di diplomi e certificazioni? 
  • Come mi sento quando conseguo o ottengo una certificazione?
  • Mi prendo del tempo per assimilare e approfondire le tecniche che ho imparato, prima di insegnarle agli altri?
  • Riduco il mio percorso spirituale ad un elenco di corsi e training fatti o che farò? 
  • Giudico me stesso e gli altri sulla base delle certificazioni e diplomi ottenuti? 


Se ritieni di essere caduto in questa malattia spirituale, ti invito a provare
esperienze o percorsi che non rilasciano alcun tipo di certificazione. Semplicemente, fai ciò che richiedi essere giusto per te e per la tua evoluzione spirituale, senza necessariamente trovare il modo di dimostrarla attraverso una certificazione. 

Inoltre, trova il modo di approfondire su te stesso tutte le tecniche che sai a livello teorico ma che hai messo poco in pratica su te stesso. Non condividere queste tecniche con gli altri fin quando non le hai davvero assimilate e fatte tue. Prenditi qualche mese o addirittura qualche anno di tempo per farlo, di volta in volta e senza avere fretta. 

Malattia #7 Considerare la propria pratica spirituale migliore delle altre


Spesso, quando si fa parte di un gruppo o di una disciplina specifica, si tende a considerare questo gruppo o disciplina come la
fonte unica di verità e di salvezza. Questa è una malattia diffusa perché molte persone hanno l’idea che la propria disciplina o il proprio gruppo sia superiore agli altri e che sia l’unica strada verso la vera conoscenza e la vera pace.

In questo caso, la persona potrebbe essere ossessionata dall’idea di far parte del “gruppo giusto” o della “disciplina giusta” e potrebbe sentirsi inadeguata o in colpa se non segue le regole o le pratiche di questo gruppo o disciplina. Potrebbe anche sviluppare un atteggiamento di superiorità verso gli altri gruppi o discipline e considerarli inferiori o addirittura pericolosi.

L’adozione di una mente collettiva può impedire alla persona di pensare in modo critico e di crescere veramente a livello spirituale, poiché impedisce di valutare le cose in modo obiettivo e di accettare imperfezioni all’interno del proprio gruppo o comunità spirituale. 

L’Antidoto:

Se queste parole ti risuonano, prova a chiederti: 

  • come mi rapporto nei confronti delle altre discipline / gruppi spirituali?
  • cosa penso del mio gruppo spirituale o della disciplina che seguo? 
  • adotto spirito critico nei confronti delle pratiche che faccio o accetto tutto ciò che mi viene detto di fare ciecamente? 


È bene essere consapevoli di questa dinamica sottile e consiglio sempre di mantenere una mente aperta, per evitare di identificarsi troppo con un gruppo o con una disciplina specifica.

“Non esiste una via precisa per la comprensione, né una disciplina che conduce alla vera libertà. (…) La libertà è una scoperta, un’esperienza interiore, una comprensione che non può essere impartita da alcun insegnante. È una scoperta che ognuno deve fare da solo, e quando si fa questa scoperta, si è veramente liberi.” 

– Jiddu Krishnamurti (Freedom from the Known)

 

Malattia #8 La sopravvivenza dell’ego basata sull’illusione della separazione


Quanto spesso ci illudiamo che il percorso spirituale abbia a che fare con “noi”?

In realtà quello che identifichiamo come “io” non è altro che un costrutto psicologico. 

Il fine di un percorso spirituale non è quello di approdare al nostro ego, bensì di andare oltre, per poter ottenere una visione più ampia che ci faccia prendere consapevolezza che siamo tutti Uno. 

La sopravvivenza dell’ego basata sull’illusione della separazione crea un corto circuito tra l’idea dell’io, così forte e radicata dentro di noi, e al contempo l’illusione di poter arrivare al tutto e uno. Queste idee creano un corto circuito che portano ad una doppia cristallizzazione: due parti di noi che fanno a pugni, ognuna delle quali cerca di preservare e difendere se stessa. 

L’Antidoto:

In realtà non si può arrivare all’idea che “siamo tutti uno”, senza prima aver decostruito e superato il proprio senso di ego e di personalità.

Ricapitolando…


In conclusione, le
8 malattie spirituali descritte in questo articolo rappresentano sfide reali che possono impedirci di crescere veramente a livello spirituale.
Ognuna di esse rappresenta un modo in cui l’ego può manifestarsi per difendersi e separarsi dal tutto e dall’unità, impedendoci di vedere la realtà in modo obiettivo e di accettare il cambiamento e la trasformazione.

È importante fare costantemente un check-up su noi stessi chiedendoci “Di quale malattia spirituale siamo ammalati oggi?” e farlo periodicamente per assicurarci di non cadere in queste trappole dell’ego. 

Non lasciamoci distruggere dalle nostre paure e dalle nostre illusioni, ma facciamo uno sforzo per  imparare ad accettare la sofferenza e le difficoltà della vita come opportunità di crescita e di trasformazione.

È un percorso lungo, a volte tortuoso e difficile, ma ti assicuro che ne vale la pena.